Si è da poco concluso l’VIII congresso di ArciLesbica nel quale si è detto che esistono mali estremi; mali nei quali è invischiato anche il movimento lgbt. Per aver detto queste cose, secondo alcuni, ArciLesbica dovrebbe essere cacciata dal movimento LGBT. Ma il posto di ArciLesbica è decisione di ArciLesbica.
Nessuno ha il potere di dire a delle femministe dove devono stare. Le femministe stanno dove vogliono.
Noi siamo lesbiche femministe e questo ci colloca – a prescindere dal parere di chiunque – nel contesto dei movimenti di liberazione femminista e lgbt che di certo non nascono e non muoiono con l’una o l’altra delle associazioni lgbt italiane.
Il movimento lgbt sarà in grado di accogliere al suo interno le istanze femministe e anticapitaliste?
Il pluralismo di questo e di altri movimenti ci interessa nella misura in cui non offusca le istanze per cui ci battiamo: noi non accettiamo la mercificazione dei corpi femminili, la riduzione a cose dei bambini, il concetto di fluidità o la x sui passaporti quando non hanno una funzione liberatoria ma servono a distogliere l’attenzione dalle disuguaglianze tra ricchi e poveri e a erodere i diritti sociali e dei lavoratori/trici; non accettiamo il discorso queer quando appanna le differenze che rendono le vite degli uomini più vantaggiose a scapito di quelle delle donne; non accettiamo certi discorsi – solo apparentemente a favore delle persone transgender – che non si fanno tanti problemi a sbattere in faccia anche alle donne sopravvissute alla violenza la pretesa irrilevanza dei genitali maschili o a definirli addirittura “femminili”. La violenza maschile ovvero degli uomini sulle donne non è una “narrazione” ma reale violenza contro donne in carne ed ossa e tra queste vi sono anche le transgender.
Aperte al confronto reale, ma non disposte a rinunciare all’efficacia della nostra azione politica.
Giovanna Camertoni
Segreteria Nazionale ArciLesbica