Il capitale disumano: può vivere solo chi se lo merita
Come dicono le assicurazioni, le persone hanno un prezzo che si calcola in base all’età, alla professione, al sesso, all’area geografica del mondo.
Si vendono oggetti, voti, rapporti. La competizione ci fa rivali, la conquista anche della penuria spetta a chi dimostra di meritarla, cioè a chi serve meglio i profitti. L’economia sovrasta ogni scelta, si può, se si può pagare: la pensione, lo studio, la vita adulta, la salute. Ogni esperienza è ormai trascinata nella prestazione mercificata.
Le donne in Italia, divenute cittadine solo 70 anni fa, sono oggi le prime incoraggiate alla meritocrazia per non essere espulse dal mercato del lavoro e per non perdere l’autonomia. Per noi la meritocrazia, oltre ai sacrifici fino alla rinuncia ai diritti, comprende in più l’adesione alla femminilità immaginaria, la seduttività è parte integrante della messa in campo di sé utile ad acciuffare un posto nel mondo.
La femminilità istituita dagli uomini come tregua per gli uomini stessi dai conflitti, come parentesi introspettiva, come evasione, oggi lascia forse il posto alla femminilità come tregua per gli uomini ma dentro la competizione. Le lesbiche prive di utopia non si sottraggono ai valori dominanti della ricchezza e della femminilità, cercando la felicità dove indicato dal capitale disumano, cioè dove essa non c’è.
Come sottrarre alla compravendita qualche parte della vita e come creare un’economia della gratuità? Come esprimere una ricerca del soggetto lesbica fuori dalla femminilità convenzionale?
Docenti: Carlotta Cossutta, Daniela Danna, Ippolita, Anna Simone